La morte è universalmente riconosciuta e vissuta con accezione negativa. Essa, indiscutibilmente, porta con sé sofferenza, angoscia ed inquietudine. È un atto di violenza che mette a nudo le fragilità dell’essere umano il quale non può fare a meno di sottrarsi ad un processo che rientra nella natura della vita.
Da questa concezione si discosta la cultura ebraica. Essa attribuisce alla morte un valore poiché facente parte di un disegno divino e assunta, al pari della vita, con un significato. La religione ebraica, infatti, crede in una vita nell’aldilà, l’Olam habah (letteralmente il mondo che viene), nella quale tutti coloro che si sono comportati con rettitudine, osservando le sacre scritture, saranno ricompensati e riportati in vita in un mondo perfetto contrassegnato solo dal bene.
Per quanto detto, l’ebraismo affronta il trapasso terreno come un passaggio doloroso ma naturale della vita e non come la negazione della vita stessa.
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Cos’è il funerale ebraico e in cosa consiste
Il rito funebre ebraico si basa su due capisaldi: da un lato il rispetto per il defunto (kevod ha-met), dall’altro il conforto per i famigliari che continuano il loro cammino di vita terrena (nihum avelim).
Secondo la tradizione ebraica, dal momento del suo ultimo respiro, il caro estinto dovrà costantemente essere circondato dai suoi cari fino al giorno prefissato per la sepoltura. Non è ammesso per nessun motivo che il defunto rimanga solo; proprio per questo motivo la salma viene vegliata un giorno e una notte – illuminata dalla luce di candele sempre accese – da amici e parenti che, in questa occasione di dolore, ricoprono il ruolo di custodi (šomerim) con l’onore del digiuno totale.
I congiunti, colpiti dalla grave perdita, hanno il dovere di eseguire alcune pratiche rituali che aiutano ad affrontare la realtà della morte ed evitare che essa abbia il sopravvento, spegnendo il fuoco della vita. Le regole ebraiche spingono coloro i quali sono travolti dall’evento luttuoso a misurarsi con la sua accettazione senza alcun tipo di remore affinché possano esprimere e sfogare il proprio dolore.
Il segno che per eccellenza esprime questa esperienza è la lacerazione delle vesti adempiuta dai parenti più stretti, metafora del dolore. Il gesto, espressione di naturalezza genuina, trae ispirazione dalla figura di Giacobbe che si strappò il vestito dopo aver appreso della morte del figlio Giuseppe.
Come si svolge il rito funebre ebraico
Secondo la religione ebraica la morte è un momento che merita di essere vissuto in profonda preghiera secondo i precetti religiosi tramandati di generazione in generazione alle comunità dei credenti.
Esistono regole ebraiche da seguire scrupolosamente prima, durante e dopo la sepoltura del defunto. Il momento in cui la persona cara esala l’ultimo respiro è lo stesso in cui ha inizio il rito funebre ebraico. Uno dei presenti al momento (generalmente un parente) ha l’onere di chiudere gli occhi alla salma e coprire il suo corpo con un lenzuolo bianco (simbolo di purezza e di trapasso alla gloria eterna) dopo averlo posto sul pavimento con i piedi di fronte alla porta e il viso coperto da un foglio.
Gli uomini – a differenza delle donne – vengono anche ricoperti dal Talled, lo scialle della preghiera con le frange tagliate in segno di lutto. Questo rito viene eseguito per far risaltare l’uguaglianza tra gli esseri umani.
Durante la veglia deve essere sempre presente la luce delle candele e di un lume ad olio che dovrà essere alimentato fino al settimo giorno dopo la sepoltura. In questa atmosfera, i familiari si raccolgono in meditazione invocando le preghiere ebraiche per i defunti.
Secondo la legge ebraica, ad occuparsi delle esequie devono essere i parenti stretti del defunto (genitori, figli, coniuge, fratello o sorella). Essi, presa coscienza della morte del loro caro, sono tenuti ad avvisare il rabbino dell’avvenuto decesso. Egli, infatti, è il solo a poter disporre di tutte le esatte procedure da seguire.
Le incombenze del rito funebre sono espletate da una società di sepoltura di cui dispone ogni comunità ebraica: dalla preparazione del corpo alla veglia fino alla sepoltura. Secondo i precetti della religione solo le donne possono occuparsi della preparazione del corpo di una donna defunta e, analogamente, solo gli uomini possono occuparsi del corpo di un uomo defunto.
Per preservare la conservazione della salma, la sepoltura deve avvenire nell’arco di 24 ore dal momento della dipartita. Questo vincolo può essere derogato, in via del tutto eccezionale, per consentire ai parenti che vivono lontano di poter raggiungere il luogo di sepoltura.
Il giorno del funerale si esegue il lavaggio (rechitzah) del corpo del defunto in segno di purificazione, il quale verrà successivamente posto nel feretro (una bara semplice in legno) senza essere esposto e trasportato fino al cimitero (non in Sinagoga che è il luogo della vita). Qui, il rabbino pronuncia un discorso funebre (Hesped) lodando pregi e qualità del defunto ed esprimendo vicinanza alla famiglia a nome di tutta la comunità. Tutti i partecipanti al rito funebre devono avere il capo coperto.
Durante la sepoltura, recitando il Kaddish, i famigliari della persona scomparsa gettano per primi la terra sulla tomba e al termine del funerale tutti devono lavarsi le mani in segno di redenzione dai peccati.
Dal giorno successivo inizia il vero e proprio periodo di lutto che dura dodici mesi, scandito in prima settimana (durante la quale i parenti stretti hanno il permesso di non lavorare), primo mese e dodicesimo mese, nel quale amici e parenti possono darsi reciproco conforto.
Differenze con il rito cattolico
A differenza del rito cattolico, quello ebraico non prevede la cremazione o la tumulazione ma esclusivamente la sepoltura a terra (inumazione). Le esequie, inoltre, non si svolgono in Sinagoga ma direttamente nel cimitero, mentre nel credo cristiano la sepoltura è preceduta dal rito funebre in Chiesa.
Anche nella realizzazione del monumento funebre si evincono differenze tra le due religioni: mentre in quella cristiana non esistono particolari veti, in quella ebraica è proibito apporre sculture, foto del caro estinto o altre immagini; sulla lapide è consentito incidere iscrizioni che riportano solitamente i nomi del defunto o simboli della tradizione.
Nel culto cattolico i luoghi di sepoltura sono adornati da fiori in segno di omaggio, nell’usanza ebraica si è soliti lasciare sulle tombe piccole pietre.